Forse più di una persona si sarà chiesta cosa ci fa #moneyfornothing fra le #rubrichegalileiane, l’economia non è una scienza esatta, anzi per certi aspetti non è proprio scienza, mentre per altri lo è: la finanza è il settore dove troviamo più formalizzazione matematica per esempio, mentre l’economia comportamentale è il campo dove la ricerca si avvale del metodo scientifico a piene mani. Tutto il resto soffre molto dell’impossibilità di giungere a risultati dimostrabili e incontrovertibili. Perché? Uno degli enormi problemi risiede nell’assenza di una rigorosa formalizzazione della funzione di utilità per il consumatore, tassello fondamentale per la definizione della domanda di un determinato bene; la teoria delle preferenze si scontra con un enorme limite: l’impossibilità di confrontare in modo razionale tutte le possibili scelte.
Cosa possiamo dire della funzione di utilità? Possiamo dire che associa ad ogni insieme preciso di beni (pensate a tutto quello che si può comprare al giorno d’oggi) un numero, che misura il grado di utilità derivante dal consumo di quell’insieme di beni. Purtroppo le operazioni che si possono fare su quel numero sono limitate come vedremo in seguito e dipendono dalle ipotesi sottostanti alla teoria dell’utilità.
Nel frattempo, preferireste un paniere (che è un punto nello spazio o meglio nell’iperspazio delle possibili scelte del consumatore) composto da quattro panini, tre automobili e dieci vacanze alle Seychelles o un paniere composto da un camper, una carota e tre scooter? Confrontare queste due opzioni non è proprio semplice e immediato… Ci sono alcuni postulati che la microeconomia ha dovuto assumere per rendere più semplice la formalizzazione, ma come potrete vedere voi stessi la realtà è ben lontana dalla teoria:
– perfetta razionalità e preferenze complete del consumatore: riesce a confrontare milioni di milioni di possibili combinazioni nel continuo, es. 7,51 banane e 6,32 mele sono preferite a 7,509 banane e 6,318 mele, questo postulato serve a definire una funzione di utilità continua;
– principio della non sazietà: un paniere che contiene una quantità di beni superiore ad un altro è sicuramente preferito. La funzione di cui sopra è quindi crescente;
– amore per la varietà: a parità di quantità, il consumatore preferisce il paniere più variegato, questo assioma dà alle curve di livello della funzione di utilità (nel caso banale di due beni), dette curve di indifferenza, una forma convessa, l’utilità marginale di un bene rispetto ad un altro è quindi decrescente, è il rapporto delle due utilità marginali viene detto SMS – saggio marginale di sostituzione – e rappresenta la quantità di bene che una persona è disposta a rinunciare per averne un’unità dell’altro.
Questi tre postulati aiutano a modellare la funzione di utilità, ma sono presupposti che non necessariamente sono reali: la non sazietà, per esempio, incontra un limite nello spazio, nella finitezza umana (immaginate di mangiare due milioni di biscotti, avremmo più un danno che un beneficio) e alla deperibilità dei beni. Impossibile, poi, è riuscire a confrontare razionalmente tutte le possibili opzioni di consumo, la razionalità umana è molto limitata. Da qui discende uno dei grandi problemi dell’economia – fornire previsioni precise ed esaustive sul comportamento dei consumatori e dei mercati…
Rimane inoltre aperta la questione sulla cardinalità o l’ordinalità della utilità, è possibile confrontare l’utilità che due individui ottengono dal consumo di un bene?
Chi sosteneva la cardinalità in passato (Bentham), di fatto affermava che fosse possibile misurare l’utilità e assegnarle un valore definito e uguale per tutti e che quindi la funzione di utilità godesse della proprietà additiva, dando il via alla corrente dell’utilitarismo.
I neoclassici, invece, capeggiati da Vilfredo Pareto, negarono questa caratteristica dell’utilità limitandosi a postularne l’ordinalità, non è quindi possibile fare confronti fra le preferenze di consumatori diversi.
Vi faccio un esempio per cercare di capire meglio:
Alberto ha U(2 mele, 3 banane)=5 e U(3mele, 2 banane)=6, mentre Carlo ha U(2m,3b)=5 e U(3m,2b)=7.
Se l’utilità fosse cardinale potremmo correttamente dire non solo che Alberto e Carlo preferiscono il secondo paniere, composto da 3 mele e 2 banane, al primo, composto da 2 mele e 3 banane, ma anche che Carlo gradisce il secondo paniere di più di Alberto perché 7 è maggiore di 6. Per la teoria dell’utilità ordinale questo non è possibile: ci dobbiamo fermare alla prima affermazione sulle preferenze, ma non possiamo confrontare la funzione di utilità di Alberto con quella di Carlo. Questo è un problema non indifferente per la microeconomia: ci sono delle conseguenze di ordine filosofico che vengono analizzate nella teoria delle scelte (es. come faccio a misurare le conseguenze di una manovra economica sul benessere sociale?) e di tipo metodologico, che necessariamente inficiano l’analisi scientifica delle scelte economiche, non potendo “misurare” i risultati di un determinato comportamento, non si può agire in modo completamente razionale.