Il principio base della finanza è che il valore del denaro non è costante nel tempo. 10 € oggi sono preferibili (in condizioni normali) o comunque diversi da 10 € domani, ciò che li rende diversi è la preferenza dell’essere umano a consumare subito i propri beni e quindi il bisogno di essere remunerati per posticipare questo momento. Il tasso di interesse misura “l’impazienza” del risparmiatore a disporre del proprio denaro, almeno in linea teorica. In pratica il tasso di interesse sintetizza un numero elevatissimo di variabili e processi economici.

Per poter “spostare” somme di denaro nel tempo è necessario introdurre i concetti di attualizzazione e capitalizzazione. Attualizzare una somma significa “avvicinarla a noi”, mentre capitalizzare significa “allontanarla” da noi nel tempo; in una situazione economica normale, il tasso di interesse è positivo e quindi capitalizzando una somma si ottiene un montante (la somma di denaro al tempo t1>t) maggiore del capitale (la somma al tempo t), viceversa attualizzando si ottiene un valore attuale (la cifra al tempo t2<t) inferiore al capitale. Se investo 100€ al tasso del 5% annuo per 5 anni, ad esempio, ottengo 127,63 € (in regime di capitalizzazione composta, ovvero ogni anno gli interessi vengono reinvestiti insieme al capitale).

Tuttavia attualmente si registrano tassi negativi come l’Euribor (EURopean Inter Bank Offering Rate), parametro di moltissimi titoli di credito e debito, questo vuol dire per assurdo che chi presta i soldi, se ne vedrà restituire meno di quelli che ha prestato e ciò rappresenta quindi un’implicita propensione a consumare più tardi il proprio reddito, questo atteggiamento perpetua una situazione di stasi e deflazione. Nell’attuale crisi diversi governanti hanno presentato analisi ottimistiche sulla futura situazione economica-finanziaria dei propri paesi, per agire sulla variabile propensione al consumo e quindi per far ripartire l’economia reale con il volano di quella finanziaria. In che modo le prospettive di una maggior occupazione possono influire suole scelte dei singoli e quindi far uscire davvero un paese dalla crisi?

Le scelte di consumo e risparmio del reddito dei singoli sono guidate anche dalla disponibilità futura della ricchezza. Risparmio se ho paura di perdere il lavoro, consumo se ho un lavoro stabile e magari mi aspetto una promozione. Se tutti credono un miglioramento della situazione finanziaria, probabilmente accetteranno di spendere i propri soldi con maggior tranquillità. Un aumento dei consumi e quindi della domanda aggregata di beni e servizi di un paese porrebbe fine realmente alla crisi o comunque porterebbe un beneficio al quadro economico nazionale. Questa analisi si può calare anche nell’economia finanziaria, un aumento dei consumi diminuisce i risparmi e quindi la disponibilità di denaro per finanziare gli investimenti, ciò abbassa l’offerta di moneta e porta ad un aumento dei tassi di interesse e infine ad una miglior remunerazione degli investimenti. In sintesi le variabili economiche e monetarie sono strettamente legate e agire su ciascuna di esse può significare in definitiva la risoluzione di una crisi finanziaria.

Quindi prima di arrabbiarvi con il prossimo politico che lancia qualche affermazione all’acqua di rose sulla disoccupazione al tg, pensate alla propensione marginale al consumo!

Alla prossima! Ciao a tutti, Elsa